Buonasera signore, mio malgrado non ricordo il suo nome. Ma ricordo il suo viso, il consueto cappotto, l’intramontabile eleganza, lo sguardo arguto e il portamento assolutamente brillante.
Cerco corrispondenza con lei, smaniosa corrispondenza, nella speranza di alleggerire il peso del tempo, che in questi giorni è tendenzialmente opprimente.
Spero stia bene, che sua moglie abbia l’onore di ricevere la sua solita colazione, come ogni mattina, e che lei finalmente abbia trovato un saggio brillante da leggere.
Mi dica: la sua pausa dalla filosofia persiste? O ci si è rituffato irrimediabilmente?
Mi racconti cosa direbbe il suo vecchio papà in circostanze come questa e mi racconti, la prego, qualsiasi cosa della sua vita passata. Con la calma della sua voce appassionata, riposata di contro alla furia del tempo che, come dice lei, incombe sui suoi inoltrati ottant’anni. Senza paura.
Vorrei fosse un giovedì mattina qualunque per vederla entrare assorto e divertito in libreria, dirigersi impaziente verso la saggistica e poi verso la cassa per chiedermi cosa io abbia questa volta da consigliarle… Mi dica, l’ha letto l’ultimo?
Certo, l’avrà sicuramente divorato… oppure tristemente abbandonato sotto una pigna di libri decisamente più adatti al suo gusto. Ho rischiato quella volta con un romanzo, ma forte del fatto che Fovanna l’avrebbe catturata, irrimediabilmente, romanticamente, come solo lui sa fare.
Nella speranza di vederla presto, la saluto caldamente.