LE CONFESSIONI

3. Insaziabile

Paragonerei l’emozione della soddisfazione a quando, pur avendo la versione gratuita di Spotify, la riproduzione casuale dei tuoi brani preferiti sa esattamente cosa vuoi ascoltare. Mi son sentita così una volta ed è durata poco: due brani dopo, la pubblicità.
Per la durata di quei due brani sono stata paga.
Gli occhi chiusi, il viso rivolto a prua mentre la barca tagliava l’acqua e il vento mi accarezzava a schiaffi che non avevo mai ricevuto così dolci, così delicati. Mi sentivo arte: da ammirare, da venerare. Non m’importava che qualcuno potesse capirmi e non biasimavo chi non riusciva a farlo. Mi stavo solo godendo il languido, quasi erotico, piacere che la ricerca inesauribile di rivalsa personale aveva scatenato in me.
Gestazione. Questo erano state l’elaborazione della mia opera e l’attesa che venisse giudicata la prima, la migliore.
Sei minuti di fluttuazione, come Peter Pan che si librava sui tetti di Londra. Poi il brusco magnete della gravità mi aveva ricacciata in terra. Perchè quel primo posto, sì, mi soddisfaceva, ma volevo più del tempo di due canzoni per godermelo, volevo più del gradino più alto.
In lotta con la consapevolezza leopardiana che no, l’uomo è nato per non soddisfarsi mai.
Nemmeno un orgasmo dura in eterno.
Io volevo di più e di più avrei cercato, insaziabilmente.

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