2. Abbaiare
Sembrerebbe che un preciso ordine governi perfino le più piccole cose.
Schemi, strade, diagrammi, regole. Leggi, convenzioni e consuetudini. Poi cartelli, istruzioni e minuti, anni addirittura, di materiale registrato a dimostrazione di come si debbano fare per bene le cose. Un bene da accettare passivamente che s’impone con veemenza dalla notte dei tempi, esattamente gli stessi che, giorno dopo giorno, l’hanno reso un indiscutibile condottiero sociale.
E allora, come un inno:
Siediti bene! Comportati bene! Mangia per bene!
E Vestiti bene, Studia bene, Lavora bene.
Tutti rintocchi molto frastornanti della stessa, monotona, campana. Una vita dove ogni momento potrebbe essere rimpiazzato da una regola, talmente tante ce ne sono. E così ho vissuto anche io fino ad ora: secondo le regole. Di non so chi, che i miei genitori (e pure i vostri) hanno ripetuto come due pappagalli, a cadenza standard, per anni. Vuote ma determinanti, perchè vogliono che a due anni si cammini accanto a mamma senza allontanarsi, a cinque s’impari a mangiare con le gambe sotto la sedia, a dieci a non rispondere male alla maestra, a tredici che si sappia il liceo che si vuole frequentare avendo bene in mente cosa si vorrebbe diventare da grandi e a diciotto che non si mettano in discussione le scelte fatte a tredici, perchè dubitare non è tra le regole e discutere è solo una perdita di tempo che disimpegna dal forsennato adempimento a quei comandamenti sociali che io (cascasse il mondo ora!) non ho mai sopportato.
Allora voglio essere quella che, nel suo piccolo, romperà il cerchio. Perchè se mio figlio a due anni si allontanerà da me, mi farà venire un infarto, è vero, ma proverà terrore anche lui. Se a cinque anni si siederà a tavola con le gambe sotto al sedere, non sarà una tragedia, perchè quando ce le avrà informicolate e torturate da aghi invisibili, scoprirà da solo che sarebbe meglio tenerle sotto al tavolo. Imparerà ad essere educato quando la maestra gli darà una nota (come a sua volta imparò sua madre) e quando a tredici anni sceglierà il liceo nella convinzione di sapere esattamente cosa vorrà fare da grande, io starò soltanto ad aspettare che ne compia diciotto per vederlo rendersi conto di aver sbagliato tutto e gli sarò accanto per ricordargli che l’errore è il vero godimento, ma il continuo ed ossessivo tentare è il vero viaggio. Che può vivere ogni giorno come fosse la vigilia di un evento straordinario. Perchè non avrò mai il coraggio di ripetergli come un pappagallo regole in cui io stessa non ho mai creduto.
Se vorrà godere dovrà sbagliare, se vorrà vivere dovrà uscire dalle righe.
Che sembrerà un paradosso detto da sua madre che scrive.