Ti sei mai svegliato una mattina con la voglia di fare un programma radiofonico?
“Alla fine se può farlo Cattelan…” ti sei detto.
No?!
Una cosa come: ti alzi, ti stiracchi, ti guardi allo specchio del bagno e ti dici “oggi faccio la radio”.
Sì, fai la radio perchè sei perfetto. Il perfetto radiofonico perchè vuoi che le cazzate che hai da dire abbiano scopo didattico. Tu vuoi divulgare l’ignoranza, quella che fa ridere, quella che fa affezionare, quella che fa rimanere la gente lì ad ascoltare col sorriso ebete, annuendo da sola, in macchina, mentre si dice che “è proprio vero”.
Il riflesso nello specchio esprime disappunto per il tuo dubbio aspetto, poi però comincia a sogghignare. Un sorrisino beffardo che sa di “Sì, fai la radio, fai divertire, vai a parlare del niente. Fallo ora!”.
Sì, vuoi fare la radio.
E corri in camera mentre ti levi euforico i pantaloni del pigiama, quelli rossi con i bastoncini di zucchero natalizi, pestandoli nella foga. Quasi ci rimetti il muso. Via la maglia, lanciata ai bordi della stanza, mentre ti infili al contrario una t-shirt con scritto “hai voluto la bicicletta” davanti e “adesso pedala” sul retro. Ti sembra quella giusta.
I calzini. Importantissimi i calzini e te li metti col fiatone.
Caffè? No, il caffè meglio di no e allora Vans, berretto, giacca e chiavi della macchina.
No, niente chiavi. Tu non hai una macchina.
Giù di corsa per le scale perchè sei eccitato da morire.
Boom.
Il portone ti si chiude alle spalle.
Sei in strada. Ti fermi.
I semafori rossi, i clacson delle auto, le gente che sgomita per scendere dai tram: ti accorgi del caos della città, di com’è viva e non abbia bisogno di te.
Ma tu hai bisogno di lei, tu vuoi fare la radio. Ghigno furbo sulle labbra, lo stesso di quei fetenti che vogliono mangiarsi il mondo e corri come un razzo. Hai tutto da raccontare nei microfoni della tua radio amatoriale.
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