EPISODIO DUE

Parcheggio

Bentornati amici, tra le righe della mia sfortuna.

Non sempre un solitario sopporta la solitudine. Ad esempio non la sopporta se imposta, ma la sa reggere qualora l’imposizione si faccia abitudine. Un’abitudine che si insidia silenziosamente tra la quotidianità dei giorni, che serpeggia tra le canoniche ventiquattro ore che si rincorrono tutte uguali e poi tra quei fili d’erba incolti salta fuori come una serpe pronta ad affogare i suoi denti veleniferi nel collo della sua malcapitata preda.
Questa è la sensazione di quando ci si accorge di essere stati parcheggiati. Ci si sente traditi da un colpo sferrato a sorpresa e alla schiena. Ci si sente risvegliati in un’altra realtà, quella in cui d’improvviso non si sa più a chi raccontare qualsiasi cosa.
Vedete, molte persone hanno affinato sul mio cuore l’arte del parcheggio. Più volte sono stata abbandonata, perchè è questo che succede: si vive un vero abbandono.
La cui eco del dolore si è moltiplicata a dismisura quando si è trattato di qualcuno di importante. Ho sofferto più di tutto essere abbandonata a metà, perchè per me significava valere a metà, essere metà. Per me l’abbandono ha voluto significare il fallimento della mia maratona (Ripassa all’episodio uno qui). Abbandonarmi a metà ha sempre provocato ferite profonde, mi ha sbattuta ai margini di rapporti che mi rigettavano come fossi un organo donato ma incompatibile; mi ha fatta sentire come un delfino perso e confuso dagli ultrasuoni, sbattuto sulla battigia, ingannato dai suoi stessi sensi, la cui vita ormai è allo stremo delle forze: irrecuperabile. Ho inalato respiri strozzati, a volte soffocati da mille domande alle quali non ho mai saputo (e tutt’ora non so) dare risposta.
Mi sento nel mezzo di una corda tirata ad entrambe le estremità, in sensi avversi.
Posso vivere la solitudine, dipingerla come un sole o profumarla d’amore, posso disegnarla di sogni e ritagliarla di nuvole, ma non so colmare il senso d’abbandono. Penso: “Forse me lo merito, ho un carattere alle volte troppo prorompente e denso di impertinenza” e magari l’abbandono si giustifica. Ma non si accetta, non si riempie. Eppure riempie me.
Se mai trovaste una persona a cui tenete, che brilla di una luce diversa, non lasciatela andare senza spiegazioni, non fatela sentire inadatta o insufficiente perchè possa godere del vostro affetto, delle vostre attenzioni. Condividete orgoglio e paura, ma non elargite mai dosi così pesanti di abbandono.
Il cuore si recide, la capacità d’amare si atrofizza.

FINE

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