EPISODIO UNO

Maratona

Bentornati tra quelle righe digitali dove si snoda la mia sfortuna.

Cerchiamo corrispondenza: smodata, smisurata, costante, insistente, sincera.
E per me questa ricerca è sempre stata una corsa, una maratona per l’appunto. Mi sono sentita sempre indietro, come se avessi sempre avuto qualcosa di meno o di diverso. E sapete, a cinque o sei anni il “diverso” non ha mai un’accezione positiva se si nasce, si cresce e si viene educati in una realtà materialista e consumista. Mamma e papà non ti insegnano che “diverso” non è per forza sinonimo di “meno”.
E stretta attorno al timone di questa innocente ignoranza, ho sempre sudato, fin da piccola. Cercando di stare al passo di un treno in perenne accelerazione.
Avevo tre (o forse quattro) amiche all’asilo, ad esempio. La mia maratona consisteva nel dimostrare come potessi fare altrettanto parte di un gruppo in cui le parole “ANCHE IO” stavano in cima alle regole tacite di un’amicizia infantile, infatti.
Ma al traguardo dell’Anche io, io non ci arrivavo quasi mai e questo mi ha reso per molti anni infinitamente triste, accompagnata dall’idea che quella stupida regola fosse la solida base per la condivisione, per ottenere corrispondenza. O anche solo un po’ di attenzione che fosse diversa da quella che mi dava nonna Carmela al momento della merenda. Mi sono sempre chiesta (e me lo chiedo tutt’ora) come si faccia a farsi delle amiche femmine, perchè col genere maschile non ho problemi: gli uomini non hanno grandi pretese se sessualmente disinteressati.
Mi chiedo adesso come si faccia a desiderare la parità tra i sessi, se prima non esiste quella nei sessi. Le femmine sono subdole ed infime e quelle tre (o quattro) amichette che non riuscivo a raggiungere quando avevo sei anni, sentendomi sempre affaticata, accaldata, stanca, indietro, senza allenamento, hanno messo inconsapevolmente il primo mattoncino del mio odio per il genere femminile.
Per chi se lo chiedesse: non corro più, ma ho ancora il fiato corto.
Per chi si sentisse preso in causa: lascia che il senso di colpa ti logori.
Per chi invece si chiedesse se “ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale”: no, le persone esistono davvero e ancora e niente è puramente casuale.

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